venerdì 27 dicembre 2013

COMPOSTAGGIO AEROBICO O BIODIGESTORE (ANAEROBICO) ?



Aldo Garofolo, ex ricercatore del CRA-ENC ed ex-docente di analisi chimiche presso l’Università della Tuscia di Viterbo, facoltà di Agraria, fa notare che:
“La sostanza organica (SO) o biomassa contenuta nei rifiuti urbani e/o negli scarti vegetali delle attività agricole, può essere degradata, stabilizzata ed eventualmente trasformata in fertilizzante in due modi: aerobico (all’aria) e anaerobico (in assenza d’aria).

I due sistemi sono diametralmente opposti:
L’aerobico demolisce la sostanza organica in modo “naturale” e non produce gas combustibili. Se utilizza SO selezionata (da raccolta differenziata spinta, sfalci e potature verdi) produce un fertilizzante ottimo per impieghi in agricoltura e florovivaismo nella forma di compost di qualità.


L’anaerobico agisce per lo più a caldo, con produzione di metano e altri gas (bruciati per ottenere energia termica e/o elettrica) e di percolato liquido inquinante. Il rifiuto esausto (digestato) viene poi “stabilizzato” in presenza d’aria e, a seconda della tipologia, dà origine a un prodotto che i fautori chiamano in modo improprio e truffaldino “compost”, ma che invece ha una composizione chimica e una qualità nettamente inferiore al vero compost aerobico, oppure genera un nuovo rifiuto da portare ancora in discarica.

Occorre ricordare che le biomasse attualmente previste negli impianti di digestione anaerobica – aerobica fanno riferimento alla FORSU.
Ma sappiamo che il termine nasconde ben altro rispetto al solo organico separato con la raccolta differenziata spinta e quindi comprende una vastissima serie di codici CER che spaziano dagli scarti agro industriali a quelli legati al comparto carni, lattiero caseario etc.
Per capire la differenza tra un compost aerobico puro e un cosiddetto “compost” che proviene da digestione anaerobica bisogna seguire quanto accade nelle specifiche condizioni usate nella maggioranza degli impianti anaerobici – aerobici.
Anzitutto bisogna capire che la digestione della biomassa in assenza d’aria, fondamentale per la produzione di biogas, impone temperature medio-alte (in media 55°C) per effetto delle quali si verifica una selezione batterica a favore dei gruppi termofili.
In particolare si avvalgono delle condizioni migliori di prevalenza i termofili, anaerobi puri, tra cui i temutissimi Clostridium le cui spore sono in grado di sopravvivere ben al di sopra dei 100°C. Tra i ceppi più famigerati figura il Clostridium botulini e il Clostridium tetani capaci di produrre le note neurotossine mortali.
Quindi prima conseguenza e prima differenza: il compost derivante da processo anaerobico preliminare ha molte probabilità di contenere un numero significativo di spore di questi batteri.
Nel momento in cui è usato come ammendante agricolo può provocare la contaminazione del terreno e quindi delle piante, ortaggi in particolare. Per meglio approfondire le ragioni della seconda differenza occorre tornare alle opzioni impiantistiche.
Le tecniche di digestione anaerobica possono essere suddivise in due gruppi principali:
- digestione a umido (wet), quando il substrato in digestione ha un contenuto di sostanza secca inferiore al 10%; è questa la tecnica più diffusa, in particolare con i liquami zootecnici.
- digestione a secco(dry), quando il substrato in digestione ha un contenuto di sostanza secca superiore al 20%;
Processi con valori intermedi di sostanza secca sono meno comuni e vengono in genere definiti a semisecco (semi-dry).
L’opzione digestione a secco è quella che, a causa del ricircolo totale del percolato sulla biomassa in digestione produce i danni maggiori.
Il ricircolo parziale o totale del percolato liquido nella massa solida in digestione (digestato) produce uno stravolgimento proporzionale della sua composizione chimica, con l’aumento del contenuto salino totale: sodio, cloruri, ferro, metalli pesanti, azoto ammoniacale. In particolare l’azoto organico originario della biomassa subisce le trasformazioni più drastiche. Circa il 40% e oltre diviene ammoniacale, forma questa altamente solubile.
La decisione di trasformare il digestato in “compost” mediante fermentazione anaerobica finale è folle sia dal punto di vista agronomico che della tutela della salute. Ma risponde alla necessità dei progettisti e gestori di non portarsi dietro la zavorra di un residuo classificabile altrimenti come rifiuto speciale da smaltire.
Terza differenza: la digestione anaerobica preventiva della biomassa provoca sul digestato e sul cosiddetto compost non solo l’aumento degli inquinanti chimici e della salinità, ma anche un depauperamento della sua frazione carboniosa stabile.
Per dirla in termini comprensibili, il processo anaerobico comporta una drastica perdita del carbonio organico delle biomasse, liberato sotto forma di gas metano. Questo fatto abbassa moltissimo la quota di macromolecole organiche che viceversa fanno la ricchezza e il valore aggiunto di ogni compost aerobico correttamente prodotto. Gli acidi humici e fulvici, elementi essenziali di ogni buon compost perché inglobano l’azoto a lenta cessione e hanno la capacità di complessare micro e macroelementi nutritivi, sono notevolmente inferiori per quantità e qualità nel sottoprodotto “compost” da anaerobica.”
Tratto dal profilo Facebook di Marì Muscarà, pubblicato il 26-12-2013
Qui sotto, invece, riportiamo il link di un articolo che potrebbe essere interessante con il video sull’impianto di Montello (BG) che prevede una fase mista, anaerobica ed aerobica …