sabato 23 marzo 2013

RILFESSIONI ... per non ripetere gli stessi errori ...

RILFESSIONI ... per non ripetere gli stessi errori ...


      Osservando dall’alto Nocera Inferiore si percepisce ancor di più la mancanza di spazi liberi, usufruibili dai cittadini, dalle famiglie, dai giovani, dagli anziani. Ormai un unico blocco fatto di cemento, mattoni, tegole, lamiere, asfalto, coperture di plastica, da cui qua e là spunta un albero stranito o sistemato in file su marciapiedi striminziti. Un ammasso amorfo, caotico di edifici, torri di cemento, costruiti durante gli anni che vanno dal 1950 al 1960, al 1970 fino al 1980, dal dopoguerra al “boom economico” in pieno regime democristiano, durante gli anni della ricostruzione del post terremoto dal 1980 al 1990, proseguendo fino ai giorni attuali delle speculazioni edilizie che hanno riempito gli ultimi spazi di suolo libero rimasti, tutto ormai è cementificato.


       In ogni periodo si sono perpetrati gli scempi e le speculazioni più assurde, mancando l’occasione che poteva fare di questa una città a misura d’uomo, una vera città moderna. La miopia di chi ci ha governato per decenni ha invece creato solo degrado ed una città invivibile anche per i più avvezzi. Nonostante ci sia nato, camminando per le strade di Nocera provo un grande disagio. Sembra sia passato un re “Mida” che abbia trasformato, con il solo tocco di un dito, ogni spazio in “cemento” (oro per gli speculatori e i gruppi d’affari), come anche i pensieri di chi ci ha governato. L’unica cosa di cui siamo assai capaci in questa città sembra sia proprio creare mostruosi edifici ed abbattere alberi e giardini.

       Accanto ai nuclei antichi , orami martoriati e degradati, dei casali e del borgo, si è sviluppata una città di solo cemento ed asfalto, a misura della massima speculazione, alla faccia dello sviluppo equilibrato, della dimensione umana a difesa della quale si sono versati fiumi di inchiostro da parte degli studiosi. Lo sviluppo organico, armonico che si è avuto  nei secoli passati è stato cancellato in un momento, grazie alla speculazione immobiliare, al concetto ancora tutt’ora dominante che la casa non è più un bene primario ma un oggetto di profitto e speculazione da parte dei costruttori aiutati dalla politica degli affari, nel cui intreccio si è facilmente inserita la criminalità organizzata.

 Mi viene da pensare che forse sarebbe stato opportuno laurearmi in “Speculazione edilizia”, un bel corso di laurea all’Università di Napoli o quanto meno un corso di specializzazione post laurea, dove sicuramente i signori che hanno operato per lo sviluppo di Nocera sarebbero stati i migliori docenti.
Non hanno perso occasione per mettere le mani sulla città, non sono serviti piani urbanistici comunali e sovracomunali per evitare gli scempi ed il saccheggio. Il “Partito del cemento” al di sopra di tutto e di tutti, prima gli interessi degli speculatori e poi quelli dei cittadini.
Se c’è un po’ di spazio di risulta, si può anche pensare di creare un “Parco giochi comunale” o piccoli recinti, che vengono poi dati in gestione a privati che l’utilizzano per i loro interessi, oppure creare spazi di risulta trasformati in aiuole per la gioia dei cani. Vedi il parco giochi sotto il cavalcavia ferroviario di via Canale, in una zona depressa; il piccolo campetto con giostrine ed un campo da calcetto tra via Barbarulo e Capo Casale; il parco giochi a San Francesco dove c’erano i campetti coperti per i bocciofili, un campo da pallacanestro, un piccolo spazio con altalene, scivoli e giostrine varie dove i genitori portavano i loro figli a giocare insieme ai ragazzi del posto, ora praticamente chiuso da qualche anno. Sono stati eseguiti lavori per realizzare una chiusura ed una copertura dell’unico campo di pallacanestro, forse proprio per soddisfare e non venir meno alla smania di costruire. Avevamo qualcosa ora più niente, questa è la morale.




   Le uniche architetture, dal dopoguerra ad oggi, sono state realizzate con la costruzione delle cosiddette case popolari; quartieri a sé stanti con le loro cellule abitative (existens-minimum), con gli spazi pubblici progettati, è vero, senza continuità con la città, ma che in ogni caso prevedevano gli standards minimi, meglio che niente.




   Le occasioni per la ricostruzione, la prima nell’immediato dopoguerra (1950-60) e la seconda col post-terremoto (1980-90), non han fatto altro che accelerare un processo speculativo e di malaffare (ricordiamo i morti ammazzati tra il 1980 ed il 1990) portato all’estreme conseguenze fino ai giorni attuali.





   Negli anni tra il 1960 e il 1970 si è avuta una edificazione massiccia, all’epoca dominava l’idea che un paese per essere moderno dovesse per forza avere il suo “grattacielo”  e le sue torri in cemento armato, evidentemente a Nocera Inferiore come in qualche altro paese si è esagerato. Sono stati innalzati in poco tempo edifici di sette, otto, qualcuno di dieci, dodici piani (fortuna non erano capaci di costruirli più alti) a formare un continuum su ambedue i lati di nuove strade, a pochi metri uno dall’altro, senza servizi, parcheggi e quel minimo di spazio vitale per i cittadini.




   Vedi via Attilio Barbarulo, via Correale, via Cucci, via Fucilari, via Roma, parco di Luggo, via Eugenio Siciliano, via Siniscalchi, via Pucci e relative traverse, via Martinez y Cabrera, via Eugenio Siciliano, via bruno Grimaldi, via Atzori e non sono state risparmiate dallo scempio le zone di Cicalesi, Casolla, Vescovado. 


  


   Tra i tanti esempi peggiori il fabbricato in piazza Zanardelli di fronte alla chiesa del Corpo di Cristo, che ha tolto agli abitanti di Nocera la visuale della collina del Parco e che incombe minaccioso di fianco ad essa; in via Solimena al Borgo; in piazza De Santis all’Arenula; in piazza Amendola con il palazzo costruito di fianco la Chiesa di S. Maria del Presepe (Santa Monica) ed il palazzo edificato quasi nella piazza all’angolo con via Fucilari; a Capo Casale, Casale Nuovo e per il Corso Vittorio Emanuele. Questi alcuni esempi, i più eclatanti, poi costruzioni selvagge ovunque ad occupare ogni spazio possibile.


 


 



    Negli anni 1980 e 1990, iniziano gli abbattimenti, come quello di parte degli edifici storici del Corso V. Emanuele, interi pezzi di città, per far posto a mostri edilizi, che a mio avviso restano l’emblema, il simbolo, un monumento della speculazione edilizia, la peggiore prosa edilizia.


    Un senso di disagio e di incertezza mi pervade percorrendo i portici a doppia altezza, e i piani inclinati, untuosi e dissestati della famigerata “Piazza del Corso”. Altra importante speculazione è stata la demolizione del palazzo “Buoninconti” all’angolo tra il corso V. Emanuele e Capo Casale, un’architettura del XVIII secolo, per far posto ad un edificio stile caserma, unico nel suo genere. Da ricordare ancora l’abbattimento di parte della “Cortina del Pozzo”, un antico impianto risalente al XVII secolo e che diede il nome al Casale. Tutti questi abbattimenti ed altri interventi del genere sono stati possibili grazie alle varie categorie d’intervento dei “Piani di Recupero” quali la ristrutturazione edilizia, la ristrutturazione urbanistica, la manutenzione straordinaria. Queste categorie di lavoro, sembrano siano state inventate per permettere ancora una volta di mettere le mani sulla città.  Interventi urbanistici che invece di migliorare hanno quasi sempre peggiorato gli spazi così come gli  interventi di adeguamento simico hanno qualche volta peggiorato la condizione statica di molti fabbricati antichi con aggravio di pesi, come solai e coperture in calcestruzzo cementizio armato, che avevano subito appena qualche piccolo dissesto sismico. Sopraelevazioni e aumento di superfici che hanno compromesso, invece che adeguare ed alleggerire, le opere esistenti.



Sotto le voci recupero, manutenzione straordinaria, adeguamento sismico, limite di convenienza (cioè se il costo delle opere per adeguare un edificio superava un certo valore allora conveniva abbatterlo e ricostruirlo “più bello e più grande che pria”), si sono perpetrati abbattimenti di intere opere di un certo valore architettonico o di parte di esse, pezzi della storia architettonica della nostra città sostituendole con brutti edifici privi di valore e che hanno permesso di aumentare la densità abitativa creando plusvalore a discapito dei residenti che sono stati letteralmente deportati in quartieri popolari costruiti ad hoc come l’edilizia straordinaria a “Monte di Dio”.





L’unico intervento che doveva essere permesso nei nuclei antichi di questa, come in altre città, doveva essere solo il restauro e quindi la conservazione del tessuto e delle emergenze architettoniche, con tutto quello che comporta un tale intervento, migliorare, demolire le superfetazioni e le brutture aggiunte nei decenni. Conservare le attività e le destinazioni d’uso compatibili con un vivere a dimensione umana, specie in spazi ristretti come i nostri centri antichi, i casali, il borgo, le corti abitative dove è più utile e conveniente muoversi a piedi, con la bici o con altri mezzi ecologici, tali impianti andavano conservati nella loro unitarietà e quindi salvaguardati dalla speculazione, costruzioni preziose ed irripetibili che hanno creato nei secoli spazi a dimensione umana senza l’ausilio di alcun Piano Urbanistico.

Questi solo alcuni esempi, per non parlare della possibilità di creare spazi verdi e piazze dalla demolizione e dal recupero delle vecchie fabbriche conserviere, specie quelle che insistevano nel tessuto urbano più vivo, che il Piano di Recupero a firma del prof. Rossi prevedeva. Tale piano messo a punto nella seconda metà degli anni ottanta è servito solo per le demolizioni e ricostruzioni suddette ma disatteso per quanto riguarda gli spazi da restituire ai cittadini.
Tra gli abbattimenti eccellenti da non dimenticare quello del Teatro Diana e del cinema Modernissimo. Il primo per creare abitazioni, ed un piccolo teatrino, un ricordo del vecchio Diana dove recitarono grandi compagnie ed attori come Totò. La seconda per creare la cosi detta “Galleria Maiorino”, con uffici e negozi, a mio avviso poco funzionale perché avrebbe dovuto, come galleria, collegare qualcosa o semplicemente essere un percorso liberamente attraversabile dalla gente.


Un’altra occasione mancata il recupero dell’intero complesso dell’Ospedale Psichiatrico. Poteva diventare un vero parco facilmente usufruibile dai cittadini, senza alcuna barriera e recinzione, solo viali, prati ed alberi che facevano da scenario e da elemento unificatore che con un progetto unitario, con un minimo di lungimiranza e di  audacia poteva essere unito alla collina del Parco Fiega, ai quartieri Piedimonte e Pietraccetta, nonché, con una vera grande piazza, alla zona del campo sportivo, della caserma Libroia e del complesso conventuale di S. Francesco, riprendendo l’antica piazza d’armi e liberando gli spazi comunali occupati. Tutti gli edifici: il Tribunale, la Polizia di Stato, La Guardia di Finanza, gli uffici dell’ASL, l’oratorio, potevano tranquillamente prospettare su giardini, viali alberati, verde attrezzato per lo sport ed il tempo libero e tutto ciò collegarlo alla collina del Parco, con le sue emergenze architettoniche, con percorsi pedonali, con una seggiovia, una funicolare fino a raggiungere il castello e la parte più antica dei ruderi, dove sarebbe stato possibile realizzare spazi per trascorrere giornate all’aria aperta, far giocare i bambini, allestire ludoteche nei locali del castello e dove conservare la memoria sia di giochi all’aperto che di giochi a tavolino. Giochi che ormai non sono più praticati e di cui si perderà il ricordo.
Avere a disposizione spazi per i giovani, per gli adolescenti, per coltivare interessi come la musica, lo sport, il teatro, luoghi di incontro, di crescita sociale e culturale e non solo musei o quant’altro, mantenendo vivo il luogo semplicemente concedendolo alla gente e curandolo.

Errori su errori . . .



Un’altra occasione potrebbe essere la caserma Tofano, chissà cosa accadrà, si è già speculato costruendo un altro mostro accanto ad essa nell’area della vecchia fabbrica “Schiavo”. Tra le ultime speculazioni edilizie come quella in via Matteotti con la costruzione che ha preso il posto delle villette unifamiliari demolite; il fabbricato di 5 piani in via Falcone a ridosso della strada in un piccolo spazio di risulta; i mostruosi condomini nell’area della vecchia MCM in via Napoli.

 



Altri luoghi da recuperare e conservare sono i percorsi lungo l’area pedemontana di Monte Albino ed il recupero dell’intera montagna, ricreare i sentieri, per arrivare in cima ad essa, percorrerla, unendola agli altri percorsi dei monti Lattari che da cava dei Tirreni arrivano fino a Castellammare di Stabia e collegano la costiera Amalfitana e Sorrentina, il “sentiero degli Dei”, “la strada ferrata”, ecc.. Attrattive naturali e paesaggistiche di enorme rilievo.


I cittadini devono riappropriarsi della città, del suo destino, decidere sulle trasformazioni e sulle destinazioni, confrontando varie idee. Non è possibile pensare di risolvere i problemi di vivibilità della città rifacendo i marciapiedi, le pavimentazioni stradali, con mattoni di cemento e sabbia vulcanica (gli stessi che trovi in altri paesi limitrofi dell’area vesuviana, a Napoli, ad Ischia  e che sono serviti allo stesso scopo) posati su massetti di cemento e sui quali dopo un po’ si distaccano; oppure abbellendo la Piazza con sculture moderne togliendo la vecchia fontana, ponendone un’altra nella piazza adiacente (piazza Amendola) la quale ha funzionato solo all’inizio ed ora versa in condizioni pietose, con acqua verde-stagnante buona per allevare zanzare, quasi a simbolo della decadenza e del degrado della città e della sua politica.


Bisogna ridisegnare la città con nuove infrastrutture e con idee che, sulle prime potrebbero sembrare spinte, ma che tenendo in conto di abbattere fabbricati, pezzi di città degradati, fabbricati relativamente nuovi, possano farla respirare e dare l’avvio ad uno sviluppo equilibrato, chiudendo al traffico veicolare parti di città e creando parcheggi liberi a ridosso del centro urbano. Svuotare la città da quelle attività non compatibili e decentrarle, dando la possibilità di trasferirle in zone lottizzate ad hoc. Basta con l’espansione urbana ed il sacrificio di altre aree, bisogna evitare nuovi insediamenti, di cui non se ne vede la necessità, ridisegnando e ricostruendo all’interno del centro urbano già esistente. Avere il coraggio delle idee, di perseguire un modello urbano dove i cittadini, oltre a soddisfare il bisogno abitativo, possano soddisfare anche i bisogni sociali, culturali, di tempo libero, come praticare sport fare teatro, musica, danza e dove i bambini ed i ragazzi, gli anziani, le famiglie possano incontrarsi ritrovandosi in spazi a loro dedicati e muoversi con una certa libertà e sicurezza. Sembra un’utopia, ma è proprio dalle utopie, dalle grandi idee, che l’uomo costruisce la bellezza. Una grande opera realizzata in questo caso da tanti piccoli interventi per ridisegnare la città e su cui vale la pena investire risorse umane ed economiche sia pubbliche che private, per una città il cui scopo non è solo quello di abitare, produrre, consumare, ma anche quello di coltivarsi, valorizzare le risorse naturali, paesaggistiche e culturali. Non dimentichiamoci che siamo tra Paestum, il Parco del Cilento, Pompei, Ercolano, il Vesuvio, la Costiera Amalfitana e Sorrentina.


Anche la nostra campagna è ormai distrutta, inquinata, costruzioni ovunque a macchia di leopardo. Se provassimo a tracciare una ipotetica circonferenza di cento metri di raggio intercetteremmo sicuramente una bruttura, una discarica, un canale inquinato, un corsi d’acqua divenuto ormai una fogna a cielo aperto. Ma è proprio su tutto questo che bisognerebbe concentrare le forze politiche, sociali ed economiche, sul recupero ed il disinquinamento di queste aree, cosa che in altri paesi civili è accaduto, disinquinando corsi di fiumi e controllando l’intero territorio con l’aiuto delle nuove tecnologie, perseguendo in tempo reale coloro che inquinano.


Si sono create aree industriali inutili, come “Fosso Imperatore”, fonti di ruberie per coloro che le hanno pensate e realizzate, ma che alla comunità e ai contadini ha solo sottratto la terra, senza creare l’occupazione promessa perpetrando così l’ennesima beffa. Il territorio comunale, ormai come gran parte della regione Campania versa in uno stato di abbandono, di degrado ed ecco dunque bisogno di riconsiderare una nuova economia basata sulla valorizzazione di ciò che abbiamo o potremmo avere e ripartire da un nuovo disegno della città e del suo territorio, da un’idea che tenga conto di tutti gli aspetti accennati e che sia un punto fermo per una nuova  Rinascita sociale e soprattutto economica. Non una “grande opera” ma tanti interventi, di natura economica ed urbanistica, alla luce di una “grande idea”.
Redatto Aprile 2012
Arch. Gaetano Cialdini

                           

6 commenti:

  1. Non è un'analisi impietosa, è un'analisi professionale scritta con la mente, ma anche con il cuore di chi mostra di amare la sua città. Da condividere.
    Note:
    - Il primo progetto della cosiddetta "Piazza del Corso", sicuramente era migliore. Poi si scoprirono le "pietre antiche" ed invece di portarle alla fruizione visiva dei cittadini si preferì organizzare un progetto sull'area. La commissione (non sappiamo da chi composta) approvò quello attuale: poco pratico ed invadente.
    - Meno male che non sapevano farli più alti... i fabbricati; ma anche così, non credo che tutti supererebbero le norme antisismiche.
    - Quando si trattò di decidere come costruire gli ultimi due fabbricati gemelli in fondo a Via Gelsi, visibili dal prolungamento Via Matteotti, un tecnico locale disse che non si dovevano fare paralleli alla strada, ma a chiusura perché "Nocera dove vuole arrivare?"
    - Le memorie dei casali andavano preservate, intanto a Capocasale hanno costruito un altro mostriciattolo di cemento che, a mio ricordo, non corrisponde al vecchio fabbricato.
    Ma chi sono coloro che approvano le cose e perché? Sono nocerini, amano la loro città, conservano l'orgoglio di viverci? Quien sabe.

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  2. Confermo! Un'analisi veramente professionale. Complimenti al mio compagno di banco!

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  3. Magari ci fossero più riflessioni del genere sparse per la nostra Terra!

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  4. Analisi che condivido.

    Mi piace ricordare le parole di Renzo Piano: "...le città non possono continuare a crescere, devono implodere non esplodere: questa è la crescita sostenibile, le periferie che diventano più urbane, i centri storici che riprendono il loro ruolo guida".

    Basta allora con l'espansione urbana, con il depauperamento delle aree coltivabili, con l'emarginazione dei quartieri periferici, con la sotto-utilizzazione del patrimonio edilizio esistente, con le trasformazioni d'uso incontrollate delle aree industriali dismesse.
    La riqualificazione ambientale, l'aumento degli spazi liberi e a verde, la diminuzione delle densità urbane, sono alla base di un orientamento generale che dovrebbe prevedere una contenuta diminuzione delle possibilità di edificazione rispetto alle norme attuali.
    Tutto dipende dalla capacità dell'amministrazione comunale di gestire i rapporti tra gli interessi di ordine collettivo-pubblico, quelli degli imprenditori edili e gli interessi dei differenti operatori e soggetti economici e sociali.
    Occorrerà affidare ad esperti l'inventario dei beni immobiliari per individuare ciò che può essere conservato (restauro) e ciò che può essere modificato (ristrutturazione); quest'ultima interessa le zone della città particolarmente degradate e senza interesse architettonico o storico: prevede anche gli interventi di demolizione su scala più o meno vasta, trasformazioni dell'ambiente urbano, cambiamento delle destinazioni d'uso del suolo, nuove sistemazioni del traffico e dei pubblici servizi, creazione su vasta scala di nuovi edifici per abitazioni e così via.
    Il restauro appare più delicato e complesso e si applica alle parti più antiche e di maggior valore culturale; esso si propone il fine della conservazione e, quindi, prevede interventi che conservano il volto della città: interventi di manutenzione, limitazioni della densità delle costruzioni, controllo rigoroso delle funzioni da assegnare alla zona e delle destinazioni d'uso dei suoli, tutela della stratificazione storico-architettonica, conservazione e ripristino dell'ambiente urbano significativo, disciplina della circolazione automobilistica.

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  5. Purtroppo non c'è via di uscita. Gli interessi degli speculatori sono troppo grandi e nessuno resiste,le persone sono ancora troppo ignoranti e non certo altruiste, l'unica via d'uscita è andarsene.

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